Gli ultimi dati sul consumo di psicofarmaci da parte di giovani sono allarmanti e inquietanti: cosa c’è dietro al fenomeno.
C’è chi dice che a fare da detonatore a un disagio comunque latente sia stato il Covid, con i suoi lockdown e i suoi devastanti effetti psicologici. Una cosa è certa: l’uso, o meglio l’abuso di psicofarmaci tra gli adolescenti sta registrando un pericolosissimo boom.
Le nuove tecnologie hanno spianato la strada al fenomeno: oggi gli psicofarmaci sono facili da trovare (anche su Internet), abbordabili economicamente, e la loro massiccia diffusione sfugge al controllo dei medici. Per qualcuno sono un rimedio contro l’ansia, per altri una vera e propria droga, per altri ancora un “aiutino” per migliorare le prestazioni a scuola. Ma affidarsi a prodotti chimici del genere non è quasi mai la buona soluzione.
Giuseppe Maina, professore ordinario di Psichiatria all’Università di Torino e direttore dell’unità complessa di psichiatria dell’ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano, esperto di disturbi depressivi, spiega che in questi anni è aumentata non solo la prescrizione di psicofarmaci da parte di specialisti, ma anche l’abuso al di fuori delle indicazioni mediche.
La prima motivazione (sbagliata) che spinge i giovani a fare uso di psicofarmaci è la convinzione che risolvano i conflitti, avverte Maina, quando invece servono a curare dei disturbi. Un farmaco, purtroppo o per fortuna, non cancella i problemi esistenziali. C’è poi il ricorso allo psicofarmaco come droga a buon mercato, da assumere per l’effetto-sballo. Inoltre si registra una tendenza (meno diffusa rispetto alle prime due) ad assumere antidepressivi e simili a mo’ di eccitanti, per tentare di migliorare le performance scolastiche e/o sportive, pratica naturalmente impropria e sbagliata.
Non di rado i giovani hanno accesso a questi farmaci perché li trovano in casa. Inoltre, i farmacisti non dovrebbero darli senza ricetta, ma c’è da chiedersi se tutti siano così rigorosi. I rischi per chi assume questi farmaci al di fuori del contesto medico non sono da poco: si va dagli effetti collaterali al fegato o ai reni, all’inibizione della reattività e dei “riflessi pronti”, con tutte le conseguenze che è facile immaginare se per esempio si guida un’auto. La vera ricetta è affrontare il problema alla radice: bisogna parlare di depressione come di qualsiasi altro disturbo, veicolando informazioni utili e corrette. A partire dai banchi di scuola.