La tragedia della Marmolada porta tristemente alla ribalta molte problematiche. Molte di queste non sono legate al solo cambiamento climatico. Non c’è necessariamente dolo quando si sfida la natura.
In molti hanno parlato dopo la valanga che ha seminato morte su quel che resta del ghiacciaio più alto delle dolomiti. Si sono dette e si diranno ancora molte cose alcune anche di troppo.
La Marmolada è un gruppo montuoso che grazie ai 3343 mt. raggiunti sulla Punta Penia domina uno dei patrimoni mondiali dell’UNESCO. Da sempre definita come la Regina delle Dolomiti. Su di essa insiste un ghiacciaio che col passare dei decenni sta divenendo sempre più piccolo ed instabile meta molto ambita per escursionisti di ogni livello.
Marmolada: passione montagna
La passione per la montagna spinge molti ad affrontare percorsi, sentieri, vie ferrate e pareti regalando sempre forti emozioni. Ma bisogna ricordare che quando si ha a che fare con la natura non si può dare nulla per scontato.
Anche le vie più battute possono avere le loro insidie nascoste ed imprevedibili, anche ai più esperti. Lo ha dichiarato anche il leggendario Reinhold Messner: in montagna non esiste assenza di pericolo e, nello specifico ha ricordato che andare sotto un seracco con queste temperature sarebbe da evitare.
Ora lungi da noi muovere critiche a chi purtroppo non ha fatto più ritorno dai propri cari, il massimo rispetto e vicinanza alle famiglie di chi ha seguito fino alla fine una straordinaria passione: la montagna. Nostro intento non è trovare un colpevole ma comprendere i perché di simili eventi.
Per comprendere la casualità del fatto proviamo a capire cosa può essere avvenuto e perché. Tutte le montagne rocciose, come le nostre straordinarie Dolomiti, contengono un potente collante naturale che le mantiene saldamente unite. Questo collante è noto come permafrost, uno strato ghiacciato che si trova nel sottosuolo.
Permafrost: il cemento delle montagne
Le variazioni climatiche degli ultimi decenni hanno ridotto, in alcuni casi, la consistenza del permafrost con delle inevitabili conseguenze: “il permafrost si scioglie, la roccia diventa instabile, e possono crollare dei blocchi enormi”. Lo ha recentemente illustrato a montagna.Tv Jacopo Gabrieli, esperto glaciologo.
Ora dopo questo primo concetto proviamo ad entrare in un’altra dinamica legata al ghiaccio, quella che più probabilmente ha impattato sul crollo del seracco sulla Marmolada.
Gabrieli spiega: “I seracchi, sono delle instabili torri di ghiaccio, che si formano e cadono perché il ghiacciaio si muove, e scorre verso valle come un fiume”. Già il ghiacciaio si dice in gergo, è vivo, non statico. Questo scorre in maniera impercettibile lungo la parete.
Questo fenomeno avviene perché nei periodi più caldi tra la roccia e lo strato di ghiaccio si forna una sorta di cuscino fatto dall’acqua di fusione. La neve caduta in inverno, aiuta a preservare la temperatura e la stabilità del ghiacciaio stesso.
“Quando la temperatura è così alta – ha quindi detto il glaciologo – tra il ghiaccio e la roccia scorrono dei fiumi d’acqua di fusione. Un flusso che “lubrifica” il sistema, e aiuta certamente i crolli”. Ma una cosa va detta, nelle Dolomiti la Marmolada è l’unico vero ghiacciaio, quindi i pericoli possono essere circoscritti.
Crolli come e perché
I crolli, come abbiamo dunque visto, sono frequenti in ambiente montano e il tanto ammirato e fotografato paesaggio dolomitico si è formato nei secoli proprio a seguito di questi. Questo non vuol dire che bisogna rinunciare ad una passeggiata in montagna anzi conclude Gabrieli “Credo che in qualche caso esista un pericolo per gli alpinisti in parete, ma per chi cammina su un sentiero le cose sono diverse. Però bisogna sempre tenere gli occhi aperti”.
Nel ribadire la nostra vicinanza alle famiglie delle vittime della Marmolada e di tutte le montagne vogliamo concludere esortando esperti e governo a fare presto quanto possibile e soprattutto agli appassionati di essere ancora più prudenti.
“Ci vuole umiltà, bisogna capire, accettare la nuova situazione. Una volta le grandi montagne si salivano tranquillamente ad agosto, ora ci si va a giugno, e su alcune quest’anno è meglio di non andare per niente”. La raccomandazione di Jacopo Gabrieli.