Vivere in Aeroporto: quando la realtà supera ogni limite

Aeroporto di Parigi, Agosto 1988. Mehran Karimi Nasseri, un rifugiato politico iraniano stava tentando di arrivare in Inghilterra e non sapeva che la sua storia avrebbe ispirato una delle pellicole più famose di Hollywood.

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Un passaporto sparito, un visto rifiutato dalla Gran Bretagna prima, e dalla Francia poi, costrinsero il malcapitato a trascorrere ben 18 anni della sua vita nell’aeroporto parigino Charles De Gaulle.

Una vicenda che ispirò Steven Spielberg a realizzare, nel 2004, quel capolavoro che è stato “The Terminal”. Tom Hanks, Catherine Zeta Jones, Stanley Tucci, solo per citare tre nomi del cast, hanno raccontato quella storia. Una storia che si sarebbe conclusa, dopo l’uscita del film, nel 2006 con il ricovero in ospedale del sig. Nasseri.

300.000 dollari sarebbe stato il compenso, secondo alcune voci, sborsato dallo stesso Spilberg per accaparrarsi la possibilità di portare sulla scena quei fatti. Una situazione ai limiti della realtà che ha costretto una persona a vivere in un luogo inusuale dove la gente è abitualmente di passaggio, un fatto surreale, unico. Eh no, purtroppo non è unico.

Vivere in aeroporto: la storia di Wei Jianguo

Questa volta non è la macchina da presa a riportare il tutto ma il China Daily che racconta la storia del signor Wei Jianguo. Una trama ben diversa da quella di Spilberg qui, infatti, non c’è stato nessun diniego di ingresso ma una ben precisa ed incredibile scelta. Nasseri fuggiva dal suo paese, Jianguo dalla sua famiglia.

“La mia famiglia mi ha detto che dovevo smettere di bere e fumare. Se non lo avessi fatto, avrei dovuto dare a loro il mio sussidio mensile, che continuo a ricevere e con cui compro ciò di cui ho bisogno – ha detto Wei alla stampa – Se dovessi dare i soldi ai parenti, come potrei comprare le mie sigarette e l’alcool?“

Una dichiarazione scioccante rilasciata in apparente serenità. L’uomo ha affermato di essere felice così senza rimpianti. In aeroporto c’è tutto quello che gli è utile e soprattutto non è più afflitto dalle imposizioni dei suoi familiari. Le forze dell’ordine lo hanno più volte riaccompagnato presso la sua dimora a Wangjing, quartiere residenziale di Pechino, ma lui ha sempre chiesto di poter tornare nel suo “Terminal”, la sua nuova casa.

L’aeroporto è un luogo pubblico

“È un luogo pubblico, chiunque può stare lì” le sue sconcertanti parole. Ma Wei Jianguo non sarebbe l’unica persona a soggiornare nell’aeroporto internazionale della capitale, ce ne sarebbe altre 6 di cui non sono note le generalità.

Sono ben 14 gli anni trascorsi in un terminal aeroportuale quelli del sessantenne pechinese, 18 anni quelli di Nasseri ma nessuno di questi rappresenta un record. Secondo la stampa turca infatti il record apparterrebbe al signor Bayram Tepeli che ha trascorso 27 lunghi anni all’interno dell’aeroporto Atatürk di Istanbul.

La storia di Bayran Tepeli

Bayram Tepeli lascia la sua città natale all’età di 26 anni a causa di “problemi” con la sua famiglia. Giunto a Istanbul nel 1991 trova impiego in un’impresa di pulizie che di lì a poco lo indirizza all’aeroporto Atatürk: “Il mio ex capo mi ha detto un giorno che mi aveva trovato un lavoro dove non avrei più avuto bisogno di trovare un posto dove stare. E sono venuto qui”.

Nel 2008 è stato costretto a lasciare l’impiego per problemi di salute e non avendo altro posto dove andare è rimasto all’Atatürk. Tepeli ha lasciato l’aeroporto solo per un breve periodo nel 2017 per sottoporsi ad un trattamento in un ospedale e ha quindi soggiornato dalla sua famiglia per alcuni mesi.

L’uomo a 53 anni ha ricevuto cure mediche per un’occlusione vascolare al piede sinistro. Ha difficoltà a camminare e non può subire un’operazione perché non ha un posto dove stare per riprendersi. Non ha soldi per trovare una casa, ma è grato al personale dell’aeroporto, ai dipendenti pubblici ai negozianti e agli agenti di polizia. Nessuno lo ha mai lasciato “affamato e solo”.

L’aeroporto Atatürk chiude

“Non so cosa succederà ora, ma mi affido al mio destino – aveva dichiarato nel 2018 – Se le autorità possono darmi un posto qui, sarebbe fantastico. L’aeroporto Atatürk è la mia casa, e mi mancherà molto quando sarà chiuso”. Nel 2019 l’Atatürk è stato chiuso per far posto al nuovo aeroporto internazionale di Istanbul e da allora, grazie all’interessamento delle autorità, Bayram Tepeli vive presso un altro aeroporto cittadino il “Sabiha Gökçen”.

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photo pixabay

Marc Augé un antropologo francese definì gli aeroporti come il non-luogo per eccellenza. Un luogo privo di quelle peculiarità che ci fanno sentire a casa. “Nel momento in cui il passeggero mostra la carta d’identità al check-in egli viene riconosciuto come tale – spiega Augé – e scompare come persona. Egli è un viaggiatore in un mondo che corre veloce, nemmeno più un pellegrino”. Un non luogo che evidentemente per alcuni può essere ed è comunque casa.

 

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